Lidiia Vladimirovna Litviak nacque a Mosca il 18
agosto 1921. A sedici anni perse il padre, arrestato durante l'oscuro gorgo
delle purghe staliniane con l'infamante accusa di "nemico del popolo", e quindi
successivamente fucilato nei sotterranei della Lubjanka, il palazzo doveva aveva
sede la
Nkvd (la polizia politica). Per farsi strada Lidiia Litviak
dovette sempre celare questo "peccato originale". Se il passato del padre fosse
venuto a galla, molto probabilmente la sua carriera avrebbe seguito percorsi
diversi, e invece delle porte dell'aeronautica militare sovietica le si
sarebbero spalancate quelle di un gulag. Fortunatamente, allo zelo della polizia
politica faceva da contraltare una certa approssimazione amministrativa e il suo
passato familiare rimase celato nei faldoni dell'archivio dei servizi
segreti.
Completato il ciclo scolastico preuniversitario nel 1940, Lidiia
Litviak prese parte a un corso aeronautico presso il club Chkalov di Mosca. A 19
anni fece il suo primo volo in solitario. Dopo una breve infatuazione per la
geologia decise di dedicarsi completamente alla sua vera passione: il volo. Si
perfezionò all'accademia di Kherson, dove ottenne il brevetto di istruttore, e
forte di questa abilitazione trovò impiego al club aeronautico di Mosca.
Con
l'invasione tedesca del giugno 1941 molte donne pilota si offrirono per prestare
servizio volontario nell'arma aerea. Inizialmente rifiutate ("Le cose vanno
male, ma non siamo ancora così disperati da dover utilizzare delle ragazze",
pare abbia risposto un alto ufficiale), sembra che a far cambiare idea a Stalin
sia stata una stella del volo di prima grandezza, Marina Raskova.
Nel 1938
la Raskova, con un equipaggio composto da altre due donne, aveva conquistato
fama e notorietà stabilendo il record mondiale femminile di volo non-stop. A
bordo di un bimotore di costruzione russa, soprannominato
Rodina
(patria), aveva percorso 6000 chilometri sopra l'immenso territorio russo, da
Mosca a Komsomolskna Amure, città nel territorio di Habarovsk, nell'estrema
Siberia orientale. Nei cieli della Siberia un pesante strato di ghiaccio aveva
appesantito le ali del
Rodina e per recuperare quota l'equipaggio fu
costretto a gettare dai finestrini tutto il peso superfluo. La Raskova, che era
il navigatore, decise di sacrificare anche se stessa gettandosi nel buio con il
paracadute, non prima di aver tracciato la parte conclusiva della rotta sulla
mappa dei piloti. L'impresa andò a buon fine.
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Lidiia Litviak posa per una foto ricordo sulla carlinga del
suo aereo |
Le due donne pilota giunsero a
destinazione e la Raskova fu recuperata da una squadra di soccorso. Tutte e tre
fecero ritorno a Mosca accolte come eroi nazionali.
Il coraggio e la grande
fama della Raskova, ma anche la critica situazione delle armate sovietiche e il
netto predominio dell'aeronautica tedesca, la
Luftwaffe, nei cieli
russi, fecero breccia nell'intransigenza di Stalin, che nella tarda estate del
1941 acconsentì ad affidarle la costituzione di tre squadriglie femminili.
E
Lidiia Litviak fu una delle prime ad essere accolta al centro di addestramento
di Engels, sul Volga, a nord di Stalingrado. Era il 15 ottobre 1941 e il fronte
disegnava una linea pressoché retta che da Leningrado, ormai sotto assedio,
giungeva fino all'estremità orientale della Crimea. Le truppe corazzate tedesche
puntavano su Mosca. La salma di Lenin era già stata tolta dal mausoleo sulla
piazza Rossa in vista di un ricovero più sicuro oltre gli Urali.
Distintasi
per la sua bravura durante il massacrante periodo di addestramento a Engels (14
ore al giorno tra teoria e pratica, il tutto per ottenere in pochi mesi quella
dimestichezza con il mezzo che in tempo di pace avrebbe richiesto almeno un paio
d'anni), Lidiia fu quindi avviata al primo dei tre reparti operativi
completamente femminili, il
586° IAP (dove la sigla stava per
"squadriglia di caccia") di stanza a Saratov. Il reparto fu inizialmente dotato
di caccia
Yakovlev Yak-1, quindi di
Yak-1B. Gli altri due
reparti femminili erano il 587° stormo, destinato al bombardamento diurno e
dotato di bombardieri
Petlyakov Pe-2, e il 588°, soprannominato
Streghe della notte per la sua vocazione al bombardamento notturno, e
dotato di vecchi biplani
Polikarpov Po-2.
Lidiia Litviak rimase a
Saratov dal gennaio all'agosto del 1942. Il 10 settembre, con altre due donne
pilota fu trasferita in un reparto operativo "maschile" sul fronte di
Stalingrado, dove i tedeschi avevano ormai stabilito una testa di ponte di 8
chilometri alla periferia cittadina. Si trattava di un riconoscimento importante
alla loro professionalità. Ai reparti maschili avevano infatti accesso solo i
migliori piloti dei tre reparti femminili.
Le nuove arrivate dovettero
faticare non poco per farsi accettare. Il maschilismo negli ambienti militari
era molte forte e, per lo meno agli inizi, creò numerose difficoltà. Sembra che
alcuni comandanti si siano rifiutati di accogliere esponenti del gentil sesso
nella propria squadriglia. Ma la diffidenza andava ben oltre i dubbi
sull'abilità di pilotaggio. Alcuni piloti, infatti, rifiutarono di volare sugli
aerei la cui manutenzione e riparazione era stata affidata a meccanici donna.
L'unico modo per fugare ogni sospetto era quello di dimostrare di valere
quanto i colleghi maschi, se non di più. Tre giorni dopo il suo arrivo in
reparto, nel corso della sua seconda missione, Lidiia Litviak ottenne le due
prime vittorie in un duello aereo. Riuscì ad abbattere un
Messerschmitt
Me-109 e uno Junker
Ju-88 che assieme ad altri sei velivoli
tedeschi si erano avventati sui quattro
Lavochkin La-5 della
squadriglia russa. La fiducia del gruppo era ormai conquistata. Alla fine
dell'anno Lidiia aveva già sostenuto una ventina di combattimenti e abbattuto
tre velivoli tedeschi.
E' in questo periodo che nasce la leggenda della
Rosa bianca di Stalingrado. Bella, bionda, minuta, Lidiia Litviak
riuscì a conservare intatta la sua spiccata femminilità anche nel fragore della
guerra, tra motori rombamti e sporchi d'olio così come tra le micidiali raffiche
dei combattimenti aerei. La tuta di volo era la stessa confezionata per gli
uomini, ma lei riuscì con forbici, ago e filo ad adeguarla alla conformazione e
al gusto femminile. Con una parte dell'imbottitura degli stivali da volo
realizzò un collo in pelliccia per l'uniforme e con dei brandelli di seta di un
paracadute confezionò dei foulard. Ma la sua vera passione erano i fiori. Si
racconta che ne portasse un mazzetto nell'abitacolo prima di ogni missione,
mentre una cartolina con delle rose gialle spiccava sempre a fianco del pannello
degli strumenti. Ma il fiore per cui divenne famosa non era la rosa, come a
lungo si è creduto, ma un giglio.
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I meccanici
della base riforniscono di carburante l'aereo di Lidiia
Litviak |
Il giglio bianco che fece dipingere
sulla fusoliera del suo
Yak-1 e che divenne un simbolo della tenacia
del popolo russo e della volontà di riscossa di fronte all'esercito nazista
invasore. La potenza dell'apparato propagandistico sovietico fece il resto,
amplificando i meriti del giovane asso e perpetuando involontariamente la
confusione in merito al fiore dipinto sulla fusoliera.
Così Lidiia Litviak
divenne per tutti la
Rosa bianca di Stalingrado. I piloti tedeschi, i
quali non immaginavano che ai comandi di quell'agile caccia
Yak-1 con
il fiore bianco ci fosse una giovane donna, impararono presto a temerla e a
fuggirla. Del resto, nessun altro paese coinvolto nel conflitto aveva ancora
pensato a utilizzare le donne nei combattimenti aerei. I tedeschi avevano sì
impiegato donne nei
tests di collaudo dei velivoli da guerra, o nel
trasferimento degli aerei dalle fabbriche al fronte, ma non le avevano mai
coinvolte in operazioni militari vere e proprie. In Unione Sovietica, invece,
negli ultimi due anni di guerra - quelli del massimo sforzo bellico - circa
10.000 donne servivano nell'arma aerea con le mansioni più diverse, da compiti
ausiliari fino al pilotaggio di caccia e bombardieri in missioni operative. A
conflitto concluso, ben 29 donne pilota saranno insignite del titolo di
Eroe
dell'Unione Sovietica; di queste, 23 provenivano dal famoso 588° stormo
Streghe della notte.
Con le vittorie, giunsero anche i primi
riconoscimenti. Nel febbraio 1943 Lidiia Litviak fu insignita dell'
Ordine
della Bandiera Rossa, quindi arrivò la promozione a sottotenente, poi a
tenente. Il tutto veniva naturalmente rilanciato a caratteri cubitali dalla
stampa sovietica, che si impadronì dell'immagine della giovane e bella guerriera
del cielo per farne una
testimonial per la propaganda di guerra. Le fu
proposto anche di interpretare sé stessa in un film-documentario, ma Lidiia
rifiutò per non sottrarre tempo alle missioni.
Superata l'iniziale ostilità
dei colleghi maschi, e ormai accettata per la sua bravura, la bionda Lidiia fece
breccia anche in diversi cuori. In particolare conquistò quello di un altro
pilota, Aleksei Salomatin, anche lui un asso dei cieli, con dodici vittorie al
suo attivo. Lidiia e Aleksei parteciparono assieme a numerose missioni. Il 1°
marzo 1943, nel corso di due diverse operazioni Lidiia riuscì ad abbattere due
velivoli tedeschi, un caccia
FW-190 e un bombardiere
Ju-88.
Due settimane dopo, nel corso di una ricognizione intercettò una squadriglia di
bombardieri tedeschi. Nel duello aereo che seguì riuscì ad abbatterne due, ma i
caccia di scorta riuscirono a colpirla. Nonostante le ferite alle gambe riuscì a
portare a termine la missione e a rientrare alla base. La convalescenza fu
breve. La guerra non poteva aspettare. A maggio era di nuovo in volo.
Ma la
fortuna le stava lentamente voltando le spalle. Nel corso delle settimane
successive, in un paio di circostanze fu costretta ad atterrare forzatamente
dietro le linee nemiche. Entrambe le volte riuscì a rientrare in territorio
amico, la prima con le sue gambe e la seconda grazie al provvidenziale
salvataggio da parte di un altro pilota russo. Ma quel mese di maggio iniziato
così male si sarebbe concluso peggio. Le due nuove vittorie ottenute, che
portarono il suo personale
palmarès (l'albo d'oro) a dieci centri,
furono cancellate dal dolore per la perdita del fidanzato Aleksei, rimasto
ucciso il 21 maggio 1943 nel corso di una missione.
La fama della
Rosa
bianca era all'apice, ma notorietà e gloria sembravano voler chiedere
pegno. Il 1° agosto, mentre scortava una squadriglia di bombardieri di ritorno
dal teatro della battaglia di Kursk, Lidiia Litviak fu intercettata da una
squadriglia tedesca. Otto
Messerschmitt si avventarono
contemporaneamente sul ben noto caccia con il fiore sulla fusoliera. Il duello,
tenace e cruento, si svolse nei pressi della città di Orel. Lidiia riuscì ad
abbattere due
Messerschmitt prima di venire colpita dal fuoco nemico.
Raggiunto da numerose raffiche, il suo aereo si schiantò al suolo incendiandosi,
senza lasciare scampo al pilota. Il giovane asso dell'aviazione sovietica
avrebbe compiuto 22 anni pochi giorni dopo.
Il bilancio della sua folgorante
carriera ne fece uno dei migliori assi dell'aviazione sovietica. Tra il gennaio
del 1942 e la fatale estate del 1943 Lidiia Litvyak portò a termine
complessivamente 168 missioni, conquistando 12 vittorie individuali e 3
condivise. Tuttavia, la proposta per un immediato encomio post mortem fu
rifiutata dai vertici dell'aeronautica russa perché, non essendo stato
recuperato il corpo, si temeva che il pilota fosse stato catturato dai tedeschi.
E nella Russia di Stalin la prigionia nelle mani del nemico era considerata alla
stregua dell'alto tradimento, con l'aggravante dell'infamia se capitava a un
eroe di guerra.
A parziale ricompensa, alcuni anni dopo la fine della guerra
le fu dedicato un monumento in memoria, decorato con dodici stelle dorate - una
per ogni vittoria in duello aereo - a Krasy Luch, nella regione di Doentsk.
I
resti mortali di Lidiia Litviak furono individuati soltanto nel 1979, assieme
alle lamiere arruginite del suo caccia, presso il villaggio di Dmitriyevka, e da
qui trasferiti in un cimitero di guerra. Sarà Mikhail Gorbacev a conferire, il 5
maggio del 1990, il titolo di
Eroe dell'Unione Sovietica alla memoria
della
Rosa bianca di Stalingrado. Ironia della sorte, quella a Lidiia
Litviak sarà una delle ultime onorificenze rilasciate dall'ormai agonizzante
gigante sovietico. A tempo quasi scaduto, il gigante dai piedi di argilla
riusciva a rendere un omaggio postumo a una donna minuta e coraggiosa, simbolo
ideale di quei 25 milioni di russi - tra militari e civili - che avevano
sacrificato la vita nella grande guerra patriottica contro le armate naziste.