L'EROICA E TRAGICA STORIA di Lidiia Litviak, asso
dell'aeronautica sovietica durante la II Guerra Mondiale


ERA UNA RAGAZZINA
IL TERRORE
DEI PILOTI NAZISTI



Tra gli esempi di coraggio e di abnegazione che hanno caratterizzato la seconda guerra mondiale, c'è n'è uno poco noto che merita di essere portato alla luce. Si tratta del contributo offerto dalle donne all'aeronautica militare sovietica sul fronte di Stalingrado. Poco più che ragazze, scelsero volontariamente di partecipare al conflitto per aiutare la patria minacciata dalle armate naziste. E per loro furono allestite apposite squadriglie tutte al femminile, costituite da inservienti, meccanici e piloti donna. Tra loro c'era anche Lidiia Litviak, un asso dei duelli aerei che conquistò fama e gloria con il soprannome di Rosa bianca di Stalingrado. La sua storia merita di essere qui ricordata.

Lidiia Litviak, a sinistra, studia con due
colleghe il piano di volo di una missione

di ALESSANDRO FRIGERIO
Lidiia Vladimirovna Litviak nacque a Mosca il 18 agosto 1921. A sedici anni perse il padre, arrestato durante l'oscuro gorgo delle purghe staliniane con l'infamante accusa di "nemico del popolo", e quindi successivamente fucilato nei sotterranei della Lubjanka, il palazzo doveva aveva sede la Nkvd (la polizia politica). Per farsi strada Lidiia Litviak dovette sempre celare questo "peccato originale". Se il passato del padre fosse venuto a galla, molto probabilmente la sua carriera avrebbe seguito percorsi diversi, e invece delle porte dell'aeronautica militare sovietica le si sarebbero spalancate quelle di un gulag. Fortunatamente, allo zelo della polizia politica faceva da contraltare una certa approssimazione amministrativa e il suo passato familiare rimase celato nei faldoni dell'archivio dei servizi segreti.
Completato il ciclo scolastico preuniversitario nel 1940, Lidiia Litviak prese parte a un corso aeronautico presso il club Chkalov di Mosca. A 19 anni fece il suo primo volo in solitario. Dopo una breve infatuazione per la geologia decise di dedicarsi completamente alla sua vera passione: il volo. Si perfezionò all'accademia di Kherson, dove ottenne il brevetto di istruttore, e forte di questa abilitazione trovò impiego al club aeronautico di Mosca.
Con l'invasione tedesca del giugno 1941 molte donne pilota si offrirono per prestare servizio volontario nell'arma aerea. Inizialmente rifiutate ("Le cose vanno male, ma non siamo ancora così disperati da dover utilizzare delle ragazze", pare abbia risposto un alto ufficiale), sembra che a far cambiare idea a Stalin sia stata una stella del volo di prima grandezza, Marina Raskova.
Nel 1938 la Raskova, con un equipaggio composto da altre due donne, aveva conquistato fama e notorietà stabilendo il record mondiale femminile di volo non-stop. A bordo di un bimotore di costruzione russa, soprannominato Rodina (patria), aveva percorso 6000 chilometri sopra l'immenso territorio russo, da Mosca a Komsomolskna Amure, città nel territorio di Habarovsk, nell'estrema Siberia orientale. Nei cieli della Siberia un pesante strato di ghiaccio aveva appesantito le ali del Rodina e per recuperare quota l'equipaggio fu costretto a gettare dai finestrini tutto il peso superfluo. La Raskova, che era il navigatore, decise di sacrificare anche se stessa gettandosi nel buio con il paracadute, non prima di aver tracciato la parte conclusiva della rotta sulla mappa dei piloti. L'impresa andò a buon fine.

Lidiia Litviak posa per una foto
ricordo sulla carlinga del suo aereo

Le due donne pilota giunsero a destinazione e la Raskova fu recuperata da una squadra di soccorso. Tutte e tre fecero ritorno a Mosca accolte come eroi nazionali.
Il coraggio e la grande fama della Raskova, ma anche la critica situazione delle armate sovietiche e il netto predominio dell'aeronautica tedesca, la Luftwaffe, nei cieli russi, fecero breccia nell'intransigenza di Stalin, che nella tarda estate del 1941 acconsentì ad affidarle la costituzione di tre squadriglie femminili.
E Lidiia Litviak fu una delle prime ad essere accolta al centro di addestramento di Engels, sul Volga, a nord di Stalingrado. Era il 15 ottobre 1941 e il fronte disegnava una linea pressoché retta che da Leningrado, ormai sotto assedio, giungeva fino all'estremità orientale della Crimea. Le truppe corazzate tedesche puntavano su Mosca. La salma di Lenin era già stata tolta dal mausoleo sulla piazza Rossa in vista di un ricovero più sicuro oltre gli Urali.
Distintasi per la sua bravura durante il massacrante periodo di addestramento a Engels (14 ore al giorno tra teoria e pratica, il tutto per ottenere in pochi mesi quella dimestichezza con il mezzo che in tempo di pace avrebbe richiesto almeno un paio d'anni), Lidiia fu quindi avviata al primo dei tre reparti operativi completamente femminili, il 586° IAP (dove la sigla stava per "squadriglia di caccia") di stanza a Saratov. Il reparto fu inizialmente dotato di caccia Yakovlev Yak-1, quindi di Yak-1B. Gli altri due reparti femminili erano il 587° stormo, destinato al bombardamento diurno e dotato di bombardieri Petlyakov Pe-2, e il 588°, soprannominato Streghe della notte per la sua vocazione al bombardamento notturno, e dotato di vecchi biplani Polikarpov Po-2.
Lidiia Litviak rimase a Saratov dal gennaio all'agosto del 1942. Il 10 settembre, con altre due donne pilota fu trasferita in un reparto operativo "maschile" sul fronte di Stalingrado, dove i tedeschi avevano ormai stabilito una testa di ponte di 8 chilometri alla periferia cittadina. Si trattava di un riconoscimento importante alla loro professionalità. Ai reparti maschili avevano infatti accesso solo i migliori piloti dei tre reparti femminili.
Le nuove arrivate dovettero faticare non poco per farsi accettare. Il maschilismo negli ambienti militari era molte forte e, per lo meno agli inizi, creò numerose difficoltà. Sembra che alcuni comandanti si siano rifiutati di accogliere esponenti del gentil sesso nella propria squadriglia. Ma la diffidenza andava ben oltre i dubbi sull'abilità di pilotaggio. Alcuni piloti, infatti, rifiutarono di volare sugli aerei la cui manutenzione e riparazione era stata affidata a meccanici donna.
L'unico modo per fugare ogni sospetto era quello di dimostrare di valere quanto i colleghi maschi, se non di più. Tre giorni dopo il suo arrivo in reparto, nel corso della sua seconda missione, Lidiia Litviak ottenne le due prime vittorie in un duello aereo. Riuscì ad abbattere un Messerschmitt Me-109 e uno Junker Ju-88 che assieme ad altri sei velivoli tedeschi si erano avventati sui quattro Lavochkin La-5 della squadriglia russa. La fiducia del gruppo era ormai conquistata. Alla fine dell'anno Lidiia aveva già sostenuto una ventina di combattimenti e abbattuto tre velivoli tedeschi.
E' in questo periodo che nasce la leggenda della Rosa bianca di Stalingrado. Bella, bionda, minuta, Lidiia Litviak riuscì a conservare intatta la sua spiccata femminilità anche nel fragore della guerra, tra motori rombamti e sporchi d'olio così come tra le micidiali raffiche dei combattimenti aerei. La tuta di volo era la stessa confezionata per gli uomini, ma lei riuscì con forbici, ago e filo ad adeguarla alla conformazione e al gusto femminile. Con una parte dell'imbottitura degli stivali da volo realizzò un collo in pelliccia per l'uniforme e con dei brandelli di seta di un paracadute confezionò dei foulard. Ma la sua vera passione erano i fiori. Si racconta che ne portasse un mazzetto nell'abitacolo prima di ogni missione, mentre una cartolina con delle rose gialle spiccava sempre a fianco del pannello degli strumenti. Ma il fiore per cui divenne famosa non era la rosa, come a lungo si è creduto, ma un giglio.
I meccanici della base riforniscono
di carburante l'aereo di Lidiia Litviak
Il giglio bianco che fece dipingere sulla fusoliera del suo Yak-1 e che divenne un simbolo della tenacia del popolo russo e della volontà di riscossa di fronte all'esercito nazista invasore. La potenza dell'apparato propagandistico sovietico fece il resto, amplificando i meriti del giovane asso e perpetuando involontariamente la confusione in merito al fiore dipinto sulla fusoliera.
Così Lidiia Litviak divenne per tutti la Rosa bianca di Stalingrado. I piloti tedeschi, i quali non immaginavano che ai comandi di quell'agile caccia Yak-1 con il fiore bianco ci fosse una giovane donna, impararono presto a temerla e a fuggirla. Del resto, nessun altro paese coinvolto nel conflitto aveva ancora pensato a utilizzare le donne nei combattimenti aerei. I tedeschi avevano sì impiegato donne nei tests di collaudo dei velivoli da guerra, o nel trasferimento degli aerei dalle fabbriche al fronte, ma non le avevano mai coinvolte in operazioni militari vere e proprie. In Unione Sovietica, invece, negli ultimi due anni di guerra - quelli del massimo sforzo bellico - circa 10.000 donne servivano nell'arma aerea con le mansioni più diverse, da compiti ausiliari fino al pilotaggio di caccia e bombardieri in missioni operative. A conflitto concluso, ben 29 donne pilota saranno insignite del titolo di Eroe dell'Unione Sovietica; di queste, 23 provenivano dal famoso 588° stormo Streghe della notte.
Con le vittorie, giunsero anche i primi riconoscimenti. Nel febbraio 1943 Lidiia Litviak fu insignita dell'Ordine della Bandiera Rossa, quindi arrivò la promozione a sottotenente, poi a tenente. Il tutto veniva naturalmente rilanciato a caratteri cubitali dalla stampa sovietica, che si impadronì dell'immagine della giovane e bella guerriera del cielo per farne una testimonial per la propaganda di guerra. Le fu proposto anche di interpretare sé stessa in un film-documentario, ma Lidiia rifiutò per non sottrarre tempo alle missioni.
Superata l'iniziale ostilità dei colleghi maschi, e ormai accettata per la sua bravura, la bionda Lidiia fece breccia anche in diversi cuori. In particolare conquistò quello di un altro pilota, Aleksei Salomatin, anche lui un asso dei cieli, con dodici vittorie al suo attivo. Lidiia e Aleksei parteciparono assieme a numerose missioni. Il 1° marzo 1943, nel corso di due diverse operazioni Lidiia riuscì ad abbattere due velivoli tedeschi, un caccia FW-190 e un bombardiere Ju-88. Due settimane dopo, nel corso di una ricognizione intercettò una squadriglia di bombardieri tedeschi. Nel duello aereo che seguì riuscì ad abbatterne due, ma i caccia di scorta riuscirono a colpirla. Nonostante le ferite alle gambe riuscì a portare a termine la missione e a rientrare alla base. La convalescenza fu breve. La guerra non poteva aspettare. A maggio era di nuovo in volo.
Ma la fortuna le stava lentamente voltando le spalle. Nel corso delle settimane successive, in un paio di circostanze fu costretta ad atterrare forzatamente dietro le linee nemiche. Entrambe le volte riuscì a rientrare in territorio amico, la prima con le sue gambe e la seconda grazie al provvidenziale salvataggio da parte di un altro pilota russo. Ma quel mese di maggio iniziato così male si sarebbe concluso peggio. Le due nuove vittorie ottenute, che portarono il suo personale palmarès (l'albo d'oro) a dieci centri, furono cancellate dal dolore per la perdita del fidanzato Aleksei, rimasto ucciso il 21 maggio 1943 nel corso di una missione.
La fama della Rosa bianca era all'apice, ma notorietà e gloria sembravano voler chiedere pegno. Il 1° agosto, mentre scortava una squadriglia di bombardieri di ritorno dal teatro della battaglia di Kursk, Lidiia Litviak fu intercettata da una squadriglia tedesca. Otto Messerschmitt si avventarono contemporaneamente sul ben noto caccia con il fiore sulla fusoliera. Il duello, tenace e cruento, si svolse nei pressi della città di Orel. Lidiia riuscì ad abbattere due Messerschmitt prima di venire colpita dal fuoco nemico. Raggiunto da numerose raffiche, il suo aereo si schiantò al suolo incendiandosi, senza lasciare scampo al pilota. Il giovane asso dell'aviazione sovietica avrebbe compiuto 22 anni pochi giorni dopo.
Il bilancio della sua folgorante carriera ne fece uno dei migliori assi dell'aviazione sovietica. Tra il gennaio del 1942 e la fatale estate del 1943 Lidiia Litvyak portò a termine complessivamente 168 missioni, conquistando 12 vittorie individuali e 3 condivise. Tuttavia, la proposta per un immediato encomio post mortem fu rifiutata dai vertici dell'aeronautica russa perché, non essendo stato recuperato il corpo, si temeva che il pilota fosse stato catturato dai tedeschi. E nella Russia di Stalin la prigionia nelle mani del nemico era considerata alla stregua dell'alto tradimento, con l'aggravante dell'infamia se capitava a un eroe di guerra.
A parziale ricompensa, alcuni anni dopo la fine della guerra le fu dedicato un monumento in memoria, decorato con dodici stelle dorate - una per ogni vittoria in duello aereo - a Krasy Luch, nella regione di Doentsk.
I resti mortali di Lidiia Litviak furono individuati soltanto nel 1979, assieme alle lamiere arruginite del suo caccia, presso il villaggio di Dmitriyevka, e da qui trasferiti in un cimitero di guerra. Sarà Mikhail Gorbacev a conferire, il 5 maggio del 1990, il titolo di Eroe dell'Unione Sovietica alla memoria della Rosa bianca di Stalingrado. Ironia della sorte, quella a Lidiia Litviak sarà una delle ultime onorificenze rilasciate dall'ormai agonizzante gigante sovietico. A tempo quasi scaduto, il gigante dai piedi di argilla riusciva a rendere un omaggio postumo a una donna minuta e coraggiosa, simbolo ideale di quei 25 milioni di russi - tra militari e civili - che avevano sacrificato la vita nella grande guerra patriottica contro le armate naziste.



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